I nuovi scrittori del 2021: SCRITTO IO
Rubrica per scrittori, consigli di lettura

Scrittori emergenti
Le nostre proposte:
Buongiorno a tutti questo articolo é dedicato agli scrittori emergenti che hanno tutte le carte in regola per scalare le classifiche delle vendite 2021.
Credo che non tutti abbiano il dono della scrittura, il talento di uno scrittore non puoi leggerlo nella sinossi, e nemmeno nella quarta di copertina.
Per capire uno scrittore devi leggere il suo stile!

Celato dentro quelle pagine vive, irrimediabilmente create per voi, per farvi vibrare come corde di violino, per sorridere, e magari decidere di leggere e acquistare questa o quell’altra storia.
Magari non ci crederete, ma io so di cosa sto parlando.
Uno sguardo verso il futuro o forse il passato? chi lo sa.
Per scoprirlo dovete soltanto leggere e scoprire in quale viaggio sarete trasportati.
Leggere è come volare, la nostra anima ama immaginare.
Venite con noi! e magari quell’attimo di magia si impadronirà persino di voi….
Come per me e per moltissimi lettori di queste opere.
Vorrei anche sottolineare l’importanza di avere una strategia di marketing, di cui mi occupo ogni giorno, per i miei clienti. Di possedere le capacità imprenditoriali per poter emergere in questo mondo bellissimo ma anche insidioso.
Vi consiglio di leggere la mia intervista creata dallo scrittore in piena ascesa nel mondo letterario di Massimo Starita nel suo blog:

I SEGRETI PER VENDERE DI PIÙ


Ho scelto per questo di riportare le parole che introducono i libri, che segnano l’inizio, l’incipit dei libri da leggere..
Tutti i link di indirizzo alle pagine autore, vendita nei vari store, potete trovarli con un click, sul nome autore che preferite!
Buona lettura

Autori scelti per: SCRITTO IO
- Noemi Izzo presenta: Shanter
- Antonio Meola presenta: La fine della notte
- Elide Ceragioli presenta: L’uomo che parlava alle pietre
- Antonio Pilato presenta: Incubi grotteschi di esiliati sognatori
- Caterina Carletti presenta: Temi scolastici
- Aldo Viano presenta: Cronache del grand Hotel
- Elia Giovacchini presenta: Se questo è un libro
Noemi Izzo presenta:
Shanter
Genere: Fantasy
Autore: Noemi Izzo.
A mia zia, con amore.
Breve sinossi: Avis è la legittima erede al trono di Sirjn, un regno marino che si trova in un mondo parallelo alla terra. Schiava di un futuro già scritto, fuggirà sulla terraferma e scoprirà che è stata devastata da un conflitto causato da un demone malvagio. Lì imparerà a sue spese che la vita non è tutta rose e fiori come credeva e scoprirà la forza dell’amore e il valore dell’amicizia grazie ai demoni che incontrerà lungo il cammino. In un nuovo corpo e in un mondo che non conosce, riuscirà ad aiutare i suoi amici a vincere l’imminente guerra per salvare il pianeta? Cambierà il suo destino o ne rimarrà schiacciata?
Capitolo 1
L’altra parte dell’oscurità
Le onde del mare cullavano il suo esile corpo. La ragazza si diede una spinta, uscendo con il solo busto dall’acqua. La terraferma sembrava vicina eppure era così lontana per lei, irraggiungibile. Quel giorno avrebbe compiuto diciotto anni e poteva esprimere il suo desiderio tanto ambito.
«Avis!»
Qualcuno la chiamò dalle profondità marine. La ragazza sbuffò e s’immerse nelle acque calme.
«Sei venuta addirittura fin qui?»
«Sai che tra poco inizierà la festa in tuo onore?»
«Sì, e quindi?»
«E quindi penso sia opportuno che tu ti vada a preparare!»
«Che strazio!»
«Ma la smetti di lamentarti sempre? Io t’invidio, sai?»
«Ah sì? Ed esattamente cosa invidi?»
«Tanto per cominciare la festa che è stata adibita in tuo onore!»
«Un mucchio di persone che si affollano al buffet…»
«E i regali! Ma ci pensi? Verranno da ogni angolo del regno e porteranno qualcosa solo per te!»
«Oggetti che non mi serviranno a nulla…»
L’amica sospirò.
«Ti senti davvero così infelice? Questo regno sarà tuo tra qualche anno!»
«A me non interessano il regno, gli oggetti sfarzosi e la corona. Io vorrei essere libera!»
«Ma lo sei!»
«No, non lo sono. Io devo diventare Regina, io devo regnare e io devo sposarmi. Dove vedi la libertà tra questi “devo”?»
«Io credo solo che tu sia stressata e veda tutto nero. All è un bel principe.»
«Va bene, Lilith. Sarà sicuramente lo stress a farmi parlare così. Andiamo, o mio padre si arrabbierà.»
Le due si sorrisero ed iniziarono a nuotare veloci verso il castello.
Avis se ne stava seduta sopra il lussuoso trono vicino a suo padre. Il Re Dalai era un sovrano buono. Ligio alle regole ed ai bisogni dei suoi sudditi, aveva sacrificato l’intera esistenza per la felicità del regno. La giovane ragazza lo fissò. Essere un modello di perfezione, come lo era stato lui, sarebbe stato impossibile per lei.
La sala con i suoi sfarzosi arredamenti e le sue luccicanti colonne dorate era piena di invitati. L’orchestra suonava armoniose melodie ed i tavoli traboccavano di cibo: ogni genere di prelibatezza era stata accuratamente preparata per l’occasione.
Avis aveva indossato la sua tiara più preziosa, incastonata di gemme d’alto valore. Un vestito roseo le ricadeva perfettamente addosso, esaltando la sua bellezza.
Un suono di trombe annunciò l’entrata di qualcuno. Avis distolse lo sguardo dai suonatori e guardò la porta. In un trionfo di bolle e di cavallucci marini, fece il suo ingresso il principe All. Il giovane sorridente salutò gli ospiti; nuotando aggraziato, si diresse verso la
sua promessa. Portava con sé un pensiero per lei, un mazzo di splendidi coralli marini. All rimase inginocchiato davanti al trono finché Avis non si alzò e lo raggiunse.
«Alzati pure, non c’è bisogno di tanto garbo.»
«Buon compleanno mia amata. È un privilegio per me essere qui e godere della vostra presenza.»
Il principe si tirò su e prese la mano della ragazza. I due iniziarono a danzare nuotando sulle musiche soavi composte appositamente per quel momento.
«Siete incantevole.»
«Grazie.»
«Non posso credere di essere tanto fortunato da potervi avere in sposa.»
«Non posso crederlo neanche io…», rispose lei, alzando gli occhi al cielo.
All era sicuramente un bellissimo giovane e di ottima famiglia. Sebbene fosse più grande di cinque anni rispetto ad Avis, aveva il volto di un tenero adolescente.
«Gradirei prendere un po’ di fresco», annunciò la ragazza, lasciando le mani del compagno.
«Certamente.»
Avis fece un inchino e nuotò velocemente fuori dalla grande sala. Si mise seduta accanto ad un’enorme conchiglia. Lei non sopportava tutte quelle formalità e tutta quella finzione annidata dietro ai sorrisi delle persone lì presenti. Certo, All era bello, doveva ammetterlo, ma il suo modo di fare la mandava in bestia. Come avrebbe potuto sopportare una vita insieme a lui, se non lo poteva vedere per più di dieci minuti?
Ancora una volta, volse il suo sguardo verso l’alto. Lì sulla terraferma, sicuramente le persone vivevano una vita fantastica.
Nel momento in cui il Re Dalai le porse un piccolo pacco, la ragazza rimase perplessa. Sulla piccola etichetta apposta lì sopra, c’era scritto:
Per i tuoi diciotto anni. Abbine cura.
Con amore, tua madre.
Avis aprì il regalo e all’interno ci trovò una brillante collana con una gemma rossa. Entusiasta, la indossò. Erano anni ormai che sua madre era morta, ma il suo ricordo era vivo nel cuore della fanciulla.
«Bene, è giunta l’ora di annunciare ufficialmente il lieto evento. Avis, All, avvicinatevi a me», disse fiero il Re. I due ragazzi lo raggiunsero. Avis aveva un sorriso stampato sul volto che le costava molta fatica, mentre il ragazzo era a suo agio.
«Con la gioia nel cuore, voglio rendere partecipe il mio popolo dell’evento più lieto degli ultimi anni. Tra una settimana, il principe prenderà in sposa la mia primogenita.»
La ragazza sgranò gli occhi e guardò suo padre. Nessuno le aveva detto che si sarebbe dovuta sposare così presto. L’uomo riprese a parlare: «Ho cresciuto le mie bambine con i giusti valori per essere ottime sovrane. Mia figlia saprà rendere questo regno onesto e felice.»
Un applauso d’entusiasmo pervase la stanza ed ogni presente invocò i nomi di Avis e di All, i prossimi sovrani. Il Re Dalai si avvicinò con il suo talismano magico.
«Finalmente puoi esprimere il tuo desiderio. Non appena lo scettro s’illuminerà, pronuncia a voce alta cosa desideri e si avvererà. Rammenta di dire che vuoi un regno grandioso e prospero.»
Il Re sorrise ed alzò il tridente. Avis indietreggiò: non voleva esprimere quel desiderio e non voleva neppure essere lì. Guardò la collana e prese la sua decisione. Nel momento in cui l’oggetto magico si accese, parlò: «Desidero vivere sulla terraferma! Desidero divenire un essere comune nel mondo dei demoni!»
Gli occhi dei presenti si spalancarono e suo padre urlò: «Avis! Cosa hai fatto?!»
Troppo tardi. Ormai la magica bolla la stava inglobando completamente ed il suo desiderio stava per essere esaudito.
«Mi dispiace, padre. Io non posso rinunciare alla mia vita per voi. Perdonatemi, mia sorella Brianne sarà certamente un’ottima sovrana!»
La sfera prese velocità, scomparendo tra le acque e lasciando i presenti impietriti.

“La fine della notte”
Antonio Meola
Link ad Amazon sulla foto copertina.

introduzione :
Massimiliano Casadei sogna da sempre di poter vivere facendo lo scrittore, ma nella realtà è un senzatetto fino a quando, per caso, incontra la donna che leggendo i suoi racconti, gli darà la possibilità di una rivincita..
Categoria: Narrativa contemporanea, sociale.
Capitolo 1
Venivano di là, insieme, il vento e le persone. Il primo fuggiva sulla pelle e quel che portava del profumo dei fiori di inizio autunno, dell’odore dei camini accesi e del silenzio delle campagne, era nascosto dalle essenze che si spruzzavano addosso ragazze e ragazzi, uomini e donne, signori e signore, e dal loro chiacchiericcio. Massi tirò su con il naso. La farmacia di fronte alternava due scritte elettroniche verdi sul tabellone: 15 10 e 14°C. Da destra, dall’inizio del viale, veniva una donna. Può avere venti anni, come trenta, pensò Massi, mentre si avvicinava. Portava un giubbotto di pelliccia rosa smanicato, aveva le lunghe gambe strette in un collant di pelle e un paio di décolleté nere ai piedini da Cenerentola. Aveva la bocca colorata da un rossetto ciliegia, occhialoni da sole con lenti marroncine. I suoi capelli erano lisci, come acqua nera che corre dalla sorgente. Massi alzò il cartello che teneva nella mano sinistra e con la destra il cestello. La donna teneva nelle orecchie un paio di auricolari bianchi che andavano a finire nella tasca destra della pelliccia rosa. Stretta tra avambraccio e braccio destro aveva una borsetta nera di pelle. Passò oltre, profumo di vaniglia, con la sua camminata leonina e la vide scomparire dentro un negozio Gucci in fondo alla via. Da destra, una signora con un completo e le scarpette abbinati di colore blu veniva verso di lui. I capelli si alzavano sulle punte, all’altezza delle spalle. Gli si fermò di fronte. Dalla borsetta tirò fuori un portamonete. Lo aprì e vi frugò dentro. Tirò fuori una moneta da un euro. Si chinò in avanti e la fece cadere nel cestello. «Grazie», le disse Massi. «Aspetti che cerco una poesia adatta a lei». «No, no: niente poesia». «Ma come, signora? Non ha letto il cartello?». «Vado di fretta, mi scusi» e si allontanò, salutando con la mano. «Buona giornata». «A lei», disse Massi. Gli si fermò di fronte un uomo che indossava un giubbotto imbottito grigio scuro. Frugò nella tasca destra dei jeans. Allungò la mano e fece cadere nel cestello una moneta da cinquanta centesimi. «Un aforisma!», disse Massi. «Aspetti che gliene prendo uno…». Barba incolta, i capelli un’aureola attorno al testone lucido, lo sguardo sprofondato nelle occhiaie. Abbassò il cartello e lo appoggiò a terra. Sopra ci appoggiò il cestello. Prese il quaderno che teneva sotto la coscia e lo alzò. L’uomo non c’era più. Prese in mano cartello e cestello. Il cielo era azzurro, con nuvole bianche qua e là. Gli si fermò di fronte una donna con in mano una borsa di carta di una boutique di alta moda. Nell’altro braccio stringeva una pochette. Sulla borsa, una V e una S intrecciate tra loro, nere. «Cinquanta centesimi un aforisma, un euro una poesia e due euro e cinquanta un racconto, eh?». Massi annuì.La donna posò a terra la borsa, che si afflosciò contro il polpaccio, contro lo stivale corto che le copriva caviglia e piede. Prese a due mani la borsetta e la aprì. Tirò fuori un portafogli di pelle gialla. Tirò fuori due euro e cinquanta. Si chinò e versò il denaro nel cestello. Massi le sorrise. «Grazie». «Non c’è di che. Davvero hai un racconto da darmi?». «Sì, ce l’ho». «Vediamo». Posò cartello e cestello e afferrò una pagina di quaderno. La strappò. Ne strappò altre due. Le consegnò alla donna. «Ecco a te». La donna posò il portafogli dentro la borsetta e diede un’occhiata veloce al contenuto dei fogli. Alzò lo sguardo, su Massi. Sorrise. «Sai che di lavoro faccio la editor in una casa editrice?». «Davvero?», Massi sobbalzò. «Tu sei... una editor?». «Sì, aspetta…». Nascose le pagine nella borsa. Dal portafogli tirò fuori un cartoncino, con Nascose le pagine nella borsa. Dal portafogli tirò fuori un cartoncino, con scritto su: Letizia Bentivoglio, +39 *** *** ****, editor e correttrice di bozze, Edizioni Ulisse. «Casomai mi piacesse, potremmo organizzarci per creare qualcosa di più corposo, che ne dici? Magari una raccolta di racconti, o un romanzo...», posò il portafogli nella borsetta. «Tu sei sempre qui, su questo viale?». «No, no. Pensavo di andarmene da qui. Magari a Città Castello». «Io abito proprio a Città Castello!». «Ma dai? Allora devo per forza venire lì». Letizia scoppiò a ridere. «Solo, come posso contattarti?», chiese lei. «Non lo so dove mi fermerò, a Città Castello. Lei si faccia qualche giro, e mi troverà per strada. Intesi?». «D’accordo», tutta sorridente. «Allora ci beccheremo in giro». «Può contarci». Lei lo salutò con la mano. Andò via, a sinistra. Tutti vanno a sinistra. Tirò in giù l’avambraccio con il pugno chiuso. «Sì!». «Giovanotto, ti serve qualcosa?». Una vecchina teneva in mano una moneta da un euro. Massi afferrò cartello e cestello e li alzò. «Vuole una poesia, signora?». «Come sei gentile, ragazzo». Lasciò la moneta nel cestello. «Ti auguro tanta fortuna, giovanotto», e se ne andò a sinistra. «Grazie, signora, anche a lei». ***

“L’uomo che parlava alle pietre”
Di Elide Ceragioli
Link sulla foto di copertina.

Breve introduzione:
“Se vuoi arrivare primo, corri da solo…Se vuoi arrivare lontano, cammina insieme.”(Proverbio africano).“
In questo romanzo troverete personaggi e storie veramente accadute in un tempo remoto. Chi avrà la ventura di riconoscersi non dubiti che il fatto è assolutamente voluto e non casuale. Ritengo sia un buon modo perché la memoria della mia famiglia non si perda nei secoli futuri. Solo chi ha radici molto forti può attraversare i millenni e volare.
“Oltre l’orizzonte vive l’Eterno e in mezzo agli uomini cammina, sua ancella, la bellezza”, trova qui quella concretizzazione che solo la fusione di due anime amanti del bello poteva donarci. Una famigliola dell’età della pietra è forzatamente in cammino alla ricerca di un gruppo che la accolga. Attraverso coloro che incontrano ed il ricordo di chi hanno conosciuto nel passato, fanno conoscere al lettore una schiera di personaggi diversi e complementari e lo trasportano in una coinvolgente rievocazione di un’età lontana.
La descrizione semplice, ma accurata, di ambienti, situazioni e atteggiamenti, sicuramente frutto di una fantasia vivace, poggia sulla solida base di una ricerca approfondita e di una lunga e seria indagine documentale che permettono una ricostruzione storica, ambientale e sociale credibile e oggettiva.
Con una sensibilità tipicamente femminile, coadiuvata da anni di esperienza professionale, l’autrice si immerge nelle situazioni contingenti e nell’animo dei tanti protagonisti conducendo a conoscere ciascuno nella sua intimità persona-le, senza mai scadere in valutazioni o compiacimenti, ma aiutando ad incontrare ciascuno come persona.
Il viaggio della famiglia di Pua (il bambino che sa parlare alle pietre) diventa un percorso alla scoperta dell’amore e dell’amicizia, delle relazioni familiari e di quelle sociali, dove non mancano le avversità naturali né quelle causate dalla malvagità dell’uomo, dove la sofferenza e la morte sono spesso presenti, anche in modo crudo e violento, ma dove al centro resta il valore della persona, che si realizza e trionfa non nella sterile ricerca di affermazione o prevaricazione, né nella solitudine o nell’isolamento, ma nell’anelito di incontro e di condivisione e nella scoperta delle relazioni familiari e sociali più vere.Relazioni che spesso sono frutto di un incontro fortuito.
Durante una vacanza in Alto Adige, Elide, casualmente, “incontra” Ötzi, la mummia del Similaun, e l’uomo venuto dal ghiaccio la ispira, le trasmette in qualche modo la sua storia.
Giuseppe Cuminatto
Categoria: romanzo storico.
Prologo
Erano riusciti a rifugiarsi nell’anfratto fra le rocce prima degli improvessere strappati via come fuscelli, eppure lei non aveva avuto paura.
Stretta fra le braccia di Uta era certa che niente di male poteva succederle. Da quando la pancia aveva cominciato a crescerle, aveva ritrovato nuova forza e lo scalpitare che sentiva dentro la meravigliava e la rallegrava.
Il gelo era diminuito, la coltre bianca che abbacinava e impediva il cammino era scomparsa e già teneri germogli coprivano i rami. Quella tempesta improvvisa era il colpo di coda di un mostro famelico che desiderava inghiottirli, ma Uta non l’avrebbe permesso.
Cercò di coprirsi il ventre sporgente con un lembo della pelliccia e carezzò le testoline d’osso che le ornavano il collo. Erano usciti da lei uno dopo l’altro in un tempo ristretto, troppo piccoli e fragili avevano mosso appena le boccucce, ma non avevano mai aperto gli occhi.
Quando la coltre bianca aveva cominciato a sciogliersi, il suo ventre era grosso e faticava a camminare.
Adesso che erano costretti a stare in piedi uno contro l’altra, aggrappati agli arbusti sperando che l’intensità del vento diminuisse.Erano usciti da lei uno dopo l’altro in un tempo ristretto, troppo piccoli e fragili avevano mosso appena le boccucce, ma non avevano mai aperto gli occhi.
Uta aveva protetto i loro corpi con delle pietre rotonde e grosse zolle di terra scura, ma aveva staccato le loro testoline e le aveva messe sotto l’acqua corrente asciugato le ossa e le aveva rese bianche e lucide ne aveva fatto una collana e gliel’aveva messa intorno al collo.
Erano state parte di lei, le appartenevano ed era giusto che le avesse sempre con sé. Confusamente sapeva che anche lui era addolorato per quei loro cuccioli che non sarebbero mai cresciuti, ma non l’aveva mai dimostrato.
Qualche volta, quando stavano stretti per scambiarsi calore nelle notti gelide, lui le passava la mano sul collo e sul petto e le sue dita indugiavano sugli ossicini, come per una dolce carezza, ma più spesso la stanchezza li faceva scivolare nel buio ristoratore senza quasi che se ne accorgessero.
Una volta avevano trovato un grosso uccello nero ferito e Uta lo aveva ucciso staccandogli la testa con un morso, poi le aveva fatto colare il sangue caldo in bocca. Era dolce e le aveva dato un’insolita energia, ma non le era piaciuto molto. Avevano mangiato la carne dopo aver bruciato le piume sul fuoco e l’odore acre le aveva fatto venire conati di vomito. Era stato allora che si era accorta che un altro cucciolo stava crescendo dentro di lei.
Quando la coltre bianca aveva cominciato a sciogliersi, il suo ventre era grosso e faticava a camminare, ma rimanere da sola nella grotta la spaventava.

“Cronache del Grand Hotel”
Aldo Viano
Link alla pagina Amazon sull’immagine di copertina.

Il maiale
– Quante partenze rimangono?
– Solo la 711 e la 716, ma hanno già fatto scendere i bagagli. Passano a pagare dopo pranzo.
Mike si sentì sollevato dalla risposta del ragazzo. Dopo aver incassato le fatture dei clienti partiti, non rimaneva gran che da fare a fine mattina.
– Hai verificato le camere degli arrivi?
– Sì, la governante dice che sono tutte pronte. Gli altri oggi non avranno molto da fare – rispose Claude, una delle nuove reclute stagionali del ricevimento.
– Allora chiama il Room Service e dì loro che possono mettere i dolcetti di benvenuto. Mike intanto annotò su un post-it i clienti VIP per i quali i colleghi del secondo turno avrebbero dovuto chiamare la Direzione al loro arrivo, per accoglierli come si deve. Il pomeriggio si annunciava tranquillo anche per loro.
Due grosse scrivanie ministeriali in legno massiccio disposte a elle, ciascuna coperta di una lastra di cristallo e accompagnate da due poltroncine con braccioli poste di fronte, formavano la réception dove i nuovi clienti facevano il check-in e quelli in partenza pagavano il conto. Mike se ne stava tranquillo seduto dietro una delle due aspettando che il tempo facesse quello che fa sempre, quando Claude lo strappò alla
sua quiescenza annunciandogli:
– Vado a fumarmene una, prendo il telefono portatile, chia ma se hai bisogno.
A Mike mancavano meno di un paio d’anni prima di poter andare in pensione e si augurava di passarli tranquillamente,
9 in quel ripetersi di rituali ormai automatici, prima di essere restituito a se stesso dopo aver accettato per una vita di segui re vicende a lui estranee. Ingenuamente da giovane immaginava che fossero più seduttrici… Da più di tre lustri lavorava in quel mitico albergo, dopo essersi fatto le ossa e un eccellente curriculum in maison di buon livello tra Londra, Parigi e la Costa Smeralda. Il fascino che l’aveva avvinto all’inizio era sparito a poco a poco, come un cattivo odore che si estingue una volta aperta la finestra. Ogni tanto si ripeteva “Speriamo solo che non arrivi un nuovo direttore lunatico, o un capo ser vizio dispotico affamato di carriera”. Quanto ai colleghi, tollerava le beffe dei più giovani come Claude e le loro
ze per la sua lentezza, ed esibiva una cordiale seppur distacca ta simpatia verso quelli con più anzianità di servizio, ancora compresi dal loro ruolo. Mike non era mai voluto salire di grado, consapevole di non avere doti di comando. Troppe complicazioni: si è sempre il bersaglio naturale dei superiori e l’avversario inviso dei sottoposti.
Mentre controllava il fondo-cassa e metteva ordine nei cas setti della scrivania, vide entrare un uomo che si avvicinava al suo desk.
È difficile ma non impossibile, per chi abbia acquisito una certa esperienza, decifrare il movente che spinge qualcuno a entrare in un albergo, intuendone, già dopo pochi passi, il censo, il rango e l’intenzione. C’è chi viene a chiedere un dépliant per conservarlo come un cimelio o una rara cartolina postale, c’è chi candidamente entra per ammirare la fastosità dell’ambiente, c’è chi reclama il listino prezzi per poi imbucarsi nelle toilette e c’è chi domanda informazioni vaghe per farsi un selfie vicino al bouquet prima di andarsene. Un sorriso e una parola “gentile” non si negano a nessuno.
“Se questo è un libro”
Elia Giovacchini
” la bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e dalla luce che ne è venuta fuori”
Alda Merini
Alla mia Famiglia,
la quale per diversi anni ha assistito (inconsapevole) alla nascita di questo esperimento, a loro il ringraziamento più grande, soprattutto per aver rispettato senza alcuna domanda, la mia volontaria e vio lenta devozione, allo svisceramento di un atomo di lettura. Un altro grazie per la mia stanza, che in poco meno di tre metri per tre, ha protetto e rifugiato pazientemente questi scritti per almeno quindici anni. Grazie alla mia impareggiabile compagna, che in questi fitti mesi, ha sopportato l’umore difficile della mia gravità, senza che l’amore e il rispetto, ne fossero mai slacciati nell’orbita. Grazie a te Yumi: pianeta al limone, sotto il quale comincia e finisce, ogni mia sgangherata ispirazione. Grazie a quell’humus sincero e profondo che lega la mia geografica prospettiva a ciò che chiamo casa: i miei amici e la loro caleidoscopica confusione di persone chiassose, che mi curano ogni giorno, anche senza parole, con trasparenza. Grazie al Professor Paolo Chiappe che ha creduto in me per primo e che forse mi ha portato culo. Grazie a Dolomite, a Giovanna, a Silvia. Grazie al mio motorino con le prime pagine scritte sotto il sellino. Grazie per ogni abbraccio che ho ricevuto, per quelli che non ri cordo, per in quelli in viaggio da bambino, dei nonni, dei giovani padri diventati amici, di quelli di mio fratello che sedimentano come comete di Oort. Grazie del bene della mia madre giovane, grazie ai giuramenti fatti (e qui realizzati) su di un letto d’ospedale, grazie a un amico andato via senza chiudere la porta. Grazie a Gabri, a Manu, grazie a quelle promesse che sono ora queste parole senza morte. Questo libro è il risultato sbagliato di ciò che ho sempre voluto sca lare: l’aspetto del senso, e senza il vostro essere voi tutti, senza que
sta precaria e fragile coincidenza di forze incidenti nella mia vita, sicuramente, non avrei mai provato a dare il mio contributo. Grazie a voi, a ogni fatalità che ha sospinto e sospingerà in avventura la lettura di questi fogli zuppi di surreale. A tutti voi che non conoscerò e che continuate a cambiarmi la vita, auguro le più gloriose e feconde Non Letture, da queste lettere di ambienti, privi di paracadute.
Entrata principale:
Per scrivere un libro è necessaria una storia da raccontare e: mio Dio quanto volevo scrivere un libro sbagliato e senza padrone, volevo un romanzo che fosse polmone ai comandi di altre leggi della natura. Volevo alzare un sospiro delle sue saracinesche, senza persone pronte con il loro mazzo di “NO” in tasca, volevo il diametro d’in cantesimo tra inizio e fine di massimo: senza termometri che non fossero la mia febbre d’altrove. Volevo un romanzo che fosse drone di altezze popolari: senza pioggia, senza affetto per questi drammi lasciati asciugare in cassetti. Volevo smontare le storie lasciando in tatto il getto delle meditazioni, ovvero quelle parole che sembrano dettate da una voce che non è mai concetto, ma aspetto, estintore su fuoco. È un diario? No. Volevo un romanzo che facesse altro rumore che suggerire senza organismo di fiction, che dettasse dentro molto più di quanto lasci decifrare fuori. Un romanzo che vociferasse an cor prima di aprirlo. Ho demolito il contenuto lasciando solo le fon damenta a vista, una ciocca di righe in purezza, nate dal caso di un lavoro artigiano: acchiapparle di mano. A volte potrebbe essere un libro che si fa contenitore e coltello, altre nave metafisica per il vuoto-pesante che fluisce senza ostacoli di contesto, eppure è di più. È qui, nel principe dell’esprimere, che le storie si sfanno in spremute di trame, e sono sempre le storie, che lasciando al regno delle parole vispe e al caleidoscopio d’immagini derivate (dalla condensa d’in siemi instillati in essi) l’arduo compito di aggiungere al materiali smo della vicenda, il leggero e roboante mistero che alcune
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congiunzioni fioriscono istintivamente. Qui la storia è l’empatia, qui la storia è pubblica perché non riguarda nessuno di noi personaggi. L’esperimento è consistito nello scomporre l’intreccio fino ai minimi termini per raccontarne: i tamponamenti, le foglie sempreverdi, le catinelle dei microcosmi fuggenti clorofilla e immedesimazione, il sole, le conferenze d’inviolata semantica. In queste ambientazioni non ci sono movimenti geografici o riferimenti a persone importanti, non c’è quotidianità, non ci sono inizi né fini e l’esperienze private non entrano mai in primo piano, se non nei pensieri che si emanano in flussi contraddittori, ma soprattutto: ogni racconto può essere iniziato a leggere da qualsiasi rigo, rendendo il testo iper dinamico proprio perché privo di dinamiche stesse, continuamente a prova di ruggine poiché non si regge dall’orlo di vicende spazio-temporali di un’epoca, bensì dall’impalpabile ossidazione d’un innato retroscena di titoli in un pascolo di spazi a getto. L’intento era denudare la lettura della sua serranda, della sua storia generale attraverso il tratteggio sottile della bellezza (potenzialmente insita) in ogni frase: spingere, estrarre le parole fino alla più sottile astrattezza del succo, sganciarsi a ritroso dal rapporto passivo che noi lettori abbiamo con la storia che leggiamo, rendendoci liberi di scegliere la sequenza di astrazioni grammaticali, il trafiletto, la riga alla quale donare evidenziatore e subconscio. Se un romanzo fosse paragonato a un maglione, io volevo sceglierne la lana senza dargli misure personali. Ho trattenuto qui, la qualità ruvida e grezza in un unica coperta dai risvolti originali, estetici, da museo di provincia. Non volevo descrivere, non volevo esporre il teatro attraverso le sue regole e i suoi tempi di libro, volevo aguzzarne l’estrazione, illuminarne i (naturali) ponteggi oscuri che lo sostengono. In queste bozze il lettore speri menta le parole che più lo appagano tralasciando tutto ciò che non è di suo gusto, di conseguenza, non ci saranno anni né personaggi (da chiarire o in cui decomporsi), ma solo spuntini d’ignoto il cui ripieno non è mai confezionato dall’autore referenziale: è il lettore stesso che sceglie dal buffet del proprio vissuto locale. Il nucleo di ogni racconto si auto calibra, qui e ora, dall’angolazione di chi vuole folklore o polpa, concentrato o luccichio di storia senza il suo scheletro in movimento di fabula. Questo libro è “un oggetto non identificato”, che prova a donare alla distrazione, una nuova dimensione di Ufo: quella dell’impermanenza senza superficialità proprie, di
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letture con nome o immedesimazione, da qui, le Non Letture in seno. Per scrivere sono partito dalla poppa della pittura disegnata in me dai pre-sogni misti alle esperienze, più precisamente dall’emozione di grandezza che l’immaginazione crea quando descrive l’impalpabile di parole, senza sapere chi o che cosa le muova. Ho scritto questo flusso influenzato dalla perdita e dai viaggi, senza vantaggi, facendo tre lavori, assecondando la meraviglia di queste parole in astrazioni, che sfregate vicine, creavano immagini e voragini di tempo (mai vinto), offuscando così, ogni descrizione di: un cognome, di un epoca, di una geografia, di un viso che non avesse conosciuto altre ali che queste di struzzo, dalle autostrade di REM. Niente è qui dentro più inossidabile della schiettezza del pensiero fuori librato in perché. La magia che alberga in una distrazione senza garze, la concentrazione che distribuisce il sospiro sotto traccia, la carta che diviene acquerello, la felicità di un neonato espugnata ai genitori. Umori, bandiere, circuiti di acqua dolce che prendono la forma del vaso occupato di liquido spirito, lo sguardo in dolce attesa, il coraggio di un passo in una vita di chilometri stesi in asfalto e mai più sentieri. Mi fermo qui. Io voglio per voi i siluri della fantasia sommersa di notti sveglie a portata di comodino e di biro, il disperato potere di provare, mettere alla prova un impossibile, l’ipnosi volontaria verso pinnate d’inesprimibile abisso. Questo (non) ro manzo freme di ambientazioni che si dichiarano unite al grido di: “Osa!”. Mi sono concesso per anni alla sincerità di rimuovere per voi i tanti bulloni di storie alla mano, ho operato estirpando lo schema in ogni frammento che mi voleva logico e semplificante, il silenzio era il mio paziente senza anestesia di flashback arrivati senza ostacoli di chiarezza. Questi sono baleni di oblò di un gigantesco mammifero che scrive allo specchio e respira foresta. Il pano rama sincero vi ingloberà volandoci dentro, e allora inserite focus a dimensione ospitale, qui c’è un’astronave, e solo voi avete le chiavi per mettere in moto la straordinaria lentezza, di un Ufo dai personaggi biodegradabili. “Di primavera in nuova era, di museo in musa, di esercito in esercitazione: ma quando un tramonto si fa leggere, ecco che un uomo, da qualche parte nel mondo, passa la vita a scrivere.”

“Racconti di un adolescente”
Caterina Carletti

Questi sono due temi di una ragazza di soli 15 anni, ma con una delicatezza nello scrivere di gran lunga superiore a molti altri scrittori che sono passati dalle nostre parti in questi giorni di scelta dei romanzi da leggere e inserire in questa lista.
Sono rimasta molto colpita da questa ragazza che ha voluto mandarmi due temi da lei svolti a scuola, spero possano essere uno spunto per quei ragazzi che vogliono intraprendere questa strada, credo che se c’è talento prima o poi viene alla luce.
La scrittura è un lento divenire, una crescita interiore, introspezione ma anche un voler dire qualcosa un messaggio, porre il nostro sguardo dal nostro punto di vista e poi rivedersi dentro quelle pagine.
Parlo anche ai genitori di questi ragazzi che spesso dicono: si ma la scrittura non ti dà da mangiare.
Io dico: A volte deve poter mangiare prima l’anima, per sopravvivere in questa società fatta solo di apparenza e materialismo.
Dov’è finita la sostanza? La creatività? e poi non è detto che un giorno questa ragazza o qualsiasi scrittore di talento possa un giorno scrivere un best seller.
Genere: temi scolastici
TEMA es. numero 16
15 dicembre, il 15 dicembre è stata la prima volta in cui l’ho abbracciato davvero, ho incastrato la mia testa sul suo collo e il tempo si è fermato, ricordo il mio cuore, era tra un misto di eccitazione e un misto di benessere e tranquillità, come se il tempo si fosse fermato. L’odore della sua felpa, quel suo inconfondibile odore che mi riempiva le narici e faceva arrivare al cervello direttamente qualcosa di buono. Non riesco a spiegare come fosse il suo odore, potrei fingere e dire qualcosa come vaniglia, fragola, cannella, invece no, lui aveva il suo odore, un misto di tabacco e di lui. A volte mi capitava, lungo le strade, nei parchi, di sentirlo, di sentire proprio quell’odore, mi giravo, lui non c’era e non c’era nemmeno più quell’odore.
2 gennaio, il 2 gennaio, invece è stata la prima volta che le nostre labbra si sono sfiorate, era come se le nostre bocche fossero sempre state fatte per essere combaciate, il suo sapore era come il sapore di casa, un sapore che se sento, riesce a calmarmi, qualcosa che mi entra in circolo nel corpo e mi fa bene, a tutto, all’anima, al cuore. Sopratutto al cuore, lui è stato il mio primo vero battito, è stato il primo amore, è stato lui.
Ricordo quando dolcemente passavo la mano nei suoi morbidi e bellissimi capelli, non so se era più bella la sua espressione mentre gli accarezzavo i capelli o la sensazione che provavo mentre passavo le mani in quei ribelli riccioli, adoravo anche posare delicati baci nella sua testa, riusciva a farmi sentire più in sintonia con lui.
Spesso mi capita di sorridere a caso, durante una giornata, durante lezione, durante gli allenamenti, durante una passeggiata, quando mi torna in mente qualche bel momento passato
insieme, i tramonti sulle panchine al parco abbracciati, i baci di scatto rubati tra una risata e l’altra. Ricordo i brividi lungo la schiena quando la sua mano accarezzava il mio corpo, mi sfiorava le guance, faceva passare le dita sulla mie labbra. Ricordo la sua risata che mi riscaldava il cuore. Ricordo anche la cose più stupide come il rumoraccio del suo motorino. Ricordo tutte le nostre canzoni, le strofe che mi dedicava, quando
passavamo i pomeriggi ad ascoltare musica “Ale devi sentire questa” “ No Cate finisci questa, la fine è la più bella” lunghe litigate su quale dei due ascoltasse la musica migliore.
Si sa che però il primo amore fa molto male, è che purtroppo finisce, ricordo le calde e salate lacrime che mi bagnavano il viso tutte le notti , ricordo la sensazione di dolore che provavo a non vedere più il suo numero sul display, ricordo che ero affranta, delusa, triste. Poi tutto si supera, spesso ancora mi capita di pensarci su, ma lascio correre il ricordo e cerco di non soffermarmici.
TRACCIA NUMERO 3
Ciao a tutti, mi presento, io sono Jenny, sono una bellissima volpina dal manto bianco come la neve, sono ormai abbastanza vecchia purtroppo, ho 8 anni, prima ero una cagnolina molto allegra e vivace, dopo la gravidanza, invece, ho iniziato ad apprezzare i pomeriggi interi stesa in fondo al divano del nonno, quanto amo il nonno… è un uomo sulla settantina, molto intelligente, adoro quanto stiamo le ore in quel bellissimo e accogliente salotto, lui accende la sua sigaretta e allora tutto il fumo inizia ad invadere la stanza… mamma mia quanto mi viene sonno… a quel punto mi addormento e passo le ore con il musino appoggiato alla gamba del nonno, tutt’ora nei pomeriggi liberi va a controllare i suoi cantieri, lui è un architetto molto stimato, spesso ho dovuto ascoltare un aneddoto molto brutto, quando mia mamma, la figli del nonno Franco aveva raggiunto i diciotto anni, il suo più grande sogno era quello di fare il medico, diceva che avrebbe voluto aiutare le persone… il nonno la costrinse a prendere architettura, stette 5 anni a Firenze, però da quello che racconta sono stati anni molto belli e spensierati. Mamma Elena è una donna bellissima, ha i capelli biondi, occhi nocciola e miele, bocca carnosa, seno prosperoso e delle bellissime gambe lunghe, incute sicurezza, determinazione e molta severità, ricordo quando nei primi anni di vita in questa casa mi capitava di fare pipì per casa perchè non facevo in tempo ad arrivare alla lettiera… in quel momento mi pentivo anche di essere nata… per fortuna non sono l’unica in casa che viene sgridata dalla mamma, anche Caterina, mia sorella viene spesso rimproverata. Non so se la conoscete, forse si dato che è lei che mi ha chiesto di scrivere questa “lettera”? no, non penso sia una lettera ma precisamente non so cosa sia quindi… continuiamo, Caterina mi ha chiesto una descrizione, non un qualcosa scritto a caso da un cane. Allora, Caterina è… beh posso dire che per fortuna in questi ultimi anni si è calmata un pò, forse anche troppo agli occhi di un cane, è sempre triste, quando cammina per casa sembra uno di quegli zombie dei film del babbo Mirko, ma ora lasciamo da parte Mirko, dicevo… mi dispiace davvero tanto, Cate adesso non scende più in giardino a giocare con me, non mi mi lancia più la pallina. A volte quando passo davanti alla sua camera con la porta aperta mi capita di rimanere a fissarla negli occhi per un pò, non riesco a leggere nessuna emozione, solo rassegnazione, è come se qualcuno o qualcosa avesse risucchiato tutto dentro alla mia Cate. Amo quando alle volte, Cate torna a casa in camera (sempre con i suoi vestiti neri addosso) e mi trova spaparazzata nel suo letto, da come l’ho descritta adesso penserete che mi manda via a malo modo, invece mi sorride sempre con quell’aria triste, si spoglia e si mette sotto le coperte lasciandomi uno spazietto tra i suoi piedi. Non so davvero cosa le manchi, è una ragazza davvero bellissima, capelli lunghi e un viso, che fino a quando non era velato da quel qualcosa che non comprendo era davvero magnifico, sia Cate che gli altri pensano che io non mi accorga di niente, invece ero sempre lì con lei quando si inginocchiava li al bagno e piangeva, lì, esanime, la guardavo e riuscivo solo a pensare a quanto fosse bella… okay forse sto esagerando, Cate mi aveva chiesto qualcosa di leggero e simpatico, allora vi racconterò di quella volta in cui si portò a casa un certo Alessio. Ragazzo carino dai, purtroppo non piace a Totta, il gatto quindicenne, che appena entrò inizio a soffiargli e a emettere strani rumori, mi ricordo che Cate iniziò a chiedere scusa un sacco di volte al povero ragazzo, dopo si misero sul divano, accesero la tv e iniziarono a guardare roba da adolescenti, io ero lì, stesa in un angolo del salotto e li osservai tutto il tempo, ad un certo punto questo Alessio iniziò tipo a mordere la bocca di Cate penso, per un po lo lascai fare, ma dopo stava diventando pesante e, anche se Cate non sembrava infastidita iniziai ad abbaiare per aiutarla, Cate assunse un’espressione mortificata e dopo poco uscirono di casa. Non ho più visto Alessio, penso che loro abbiano rotto, anche perché Cate piange tutte le sere abbracciata ad una felpa che ha lo stesso odore del ragazzo, mi dispiace molto per lei, vorrei solo dare un bel morso a quello stronzo. Penso di aver parlato abbastanza di Cate, penso si arrabbierebbe se sapesse ciò che ho scritto. Quando non sono sul divano del nonno, sono nel divano di casa mia, lo condivido con il babbo Mirko, passiamo anche lì ore e ore a mangiare patatine e guardare squallidi film da maschi, come li chiamano le donne di casa, spesso Elena si arrabbia con Mirko quando passiamo troppe ore sul divano, io non capisco perchè, lo hanno anche comprato da poco questo bel sofà verde!! Adoro Mirko, è sempre tranquillo e cerca sempre la pace, magari tutti in casa fossero come lui, sembra sempre molto profondo quando parla, sembra uno di quei saggi nei villaggi indiani! Tranne forse per i simpatici capelli ricci neri, la spropositata altezza e la figura estremamente slanciata. L’unico difetto che ha è che non butta giù da tavola qualche pezzetto di cibo come fanno tutti, dice che è dannoso per la mia salute, baggianate… Forse una delle cose che adoro di più fare è guardare Susanna, ah già, voi non conoscete
“Incubi grotteschi di esiliati sognatori”
Antonio Pilato

Breve sinossi:
Antonio Pilato (Ravenna, 11 Marzo 1990) è uno psicopedagogista e scrittore italiano.
Fin da bambino si appassiona alla letteratura dell’orrore, leggendo in casa e a scuola i romanzi brevi
della serie Piccoli brividi di R. L. Stine.
Terminati gli studi liceali, s’iscrive all’Università di Bologna, laureandosi in Scienze del Comportamento e delle Relazioni Sociali nel 2013, e in Psicologia delle Organizzazioni e dei Servizi
nel 2015. Nel frattempo, inizia a conoscere più da vicino la prosa di S. King, leggendo diversi romanzi
e alcune raccolte di racconti.
Dal 2016 la sua visione della letteratura si allarga ad altri autori, primi fra tutti H. P. Lovecraft e T.
Ligotti, i quali influenzeranno non poco i suoi pensieri e il suo immaginario, portandolo a laurearsi
una terza volta nel 2018, questa volta in Pedagogia, e a dedicare la sua tesi di laurea proprio al tema
dell’infanzia insita nei contesti della letteratura dell’orrore.
Dal 2018 inizia a scrivere, preso da una forte ispirazione innata e arcana, una serie di racconti di
genere weird che traggono ispirazione, oltre che dai suddetti scrittori, anche dalla penna di molti altri
autori, come E. A. Poe, A. Christie, C. A. Smith, R. W. Chambers, E. S. Gardner e H. Murakami.
Nel 2020 pubblica la sua prima raccolta di racconti, intitolata “Incubi grotteschi di esiliati sognatori”.
Genere: Racconti letteratura Horror
Noemi Izzo presenta:
Shanter
![Shanter: L'altra parte dell'oscurità di [Noemi Izzo, Irene Mirenda, Marilena Proietti]](https://m.media-amazon.com/images/I/41i4AgRIPOL.jpg)
Genere: fantasy
Autore: Noemi Izzo
A mia zia, con amore.
Breve sinossi: Avis è la legittima erede al trono di Sirjn, un regno marino che si trova in un mondo parallelo alla terra. Schiava di un futuro già scritto, fuggirà sulla terraferma e scoprirà che è stata devastata da un conflitto causato da un demone malvagio. Lì imparerà a sue spese che la vita non è tutta rose e fiori come credeva e scoprirà la forza dell’amore e il valore dell’amicizia grazie ai demoni che incontrerà lungo il cammino. In un nuovo corpo e in un mondo che non conosce, riuscirà ad aiutare i suoi amici a vincere l’imminente guerra per salvare il pianeta? Cambierà il suo destino o ne rimarrà schiacciata?
Capitolo 1
L’altra parte dell’oscurità
Le onde del mare cullavano il suo esile corpo. La ragazza si diede una spinta, uscendo con il solo busto dall’acqua. La terraferma sembrava vicina eppure era così lontana per lei, irraggiungibile. Quel giorno avrebbe compiuto diciotto anni e poteva esprimere il suo desiderio tanto ambito.
«Avis!»
Qualcuno la chiamò dalle profondità marine. La ragazza sbuffò e s’immerse nelle acque calme.
«Sei venuta addirittura fin qui?»
«Sai che tra poco inizierà la festa in tuo onore?»
«Sì, e quindi?»
«E quindi penso sia opportuno che tu ti vada a preparare!»
«Che strazio!»
«Ma la smetti di lamentarti sempre? Io t’invidio, sai?»
«Ah sì? Ed esattamente cosa invidi?»
«Tanto per cominciare la festa che è stata adibita in tuo onore!»
«Un mucchio di persone che si affollano al buffet…»
«E i regali! Ma ci pensi? Verranno da ogni angolo del regno e porteranno qualcosa solo per te!»
«Oggetti che non mi serviranno a nulla…»
L’amica sospirò.
«Ti senti davvero così infelice? Questo regno sarà tuo tra qualche anno!»
«A me non interessano il regno, gli oggetti sfarzosi e la corona. Io vorrei essere libera!»
«Ma lo sei!»
«No, non lo sono. Io devo diventare Regina, io devo regnare e io devo sposarmi. Dove vedi la libertà tra questi “devo”?»
«Io credo solo che tu sia stressata e veda tutto nero. All è un bel principe.»
«Va bene, Lilith. Sarà sicuramente lo stress a farmi parlare così. Andiamo, o mio padre si arrabbierà.»
Le due si sorrisero ed iniziarono a nuotare veloci verso il castello.
Avis se ne stava seduta sopra il lussuoso trono vicino a suo padre. Il Re Dalai era un sovrano buono. Ligio alle regole ed ai bisogni dei suoi sudditi, aveva sacrificato l’intera esistenza per la felicità del regno. La giovane ragazza lo fissò. Essere un modello di perfezione, come lo era stato lui, sarebbe stato impossibile per lei.
La sala con i suoi sfarzosi arredamenti e le sue luccicanti colonne dorate era piena di invitati. L’orchestra suonava armoniose melodie ed i tavoli traboccavano di cibo: ogni genere di prelibatezza era stata accuratamente preparata per l’occasione.
Avis aveva indossato la sua tiara più preziosa, incastonata di gemme d’alto valore. Un vestito roseo le ricadeva perfettamente addosso, esaltando la sua bellezza.
Un suono di trombe annunciò l’entrata di qualcuno. Avis distolse lo sguardo dai suonatori e guardò la porta. In un trionfo di bolle e di cavallucci marini, fece il suo ingresso il principe All. Il giovane sorridente salutò gli ospiti; nuotando aggraziato, si diresse verso la
sua promessa. Portava con sé un pensiero per lei, un mazzo di splendidi coralli marini. All rimase inginocchiato davanti al trono finché Avis non si alzò e lo raggiunse.
«Alzati pure, non c’è bisogno di tanto garbo.»
«Buon compleanno mia amata. È un privilegio per me essere qui e godere della vostra presenza.»
Il principe si tirò su e prese la mano della ragazza. I due iniziarono a danzare nuotando sulle musiche soavi composte appositamente per quel momento.
«Siete incantevole.»
«Grazie.»
«Non posso credere di essere tanto fortunato da potervi avere in sposa.»
«Non posso crederlo neanche io…», rispose lei, alzando gli occhi al cielo.
All era sicuramente un bellissimo giovane e di ottima famiglia. Sebbene fosse più grande di cinque anni rispetto ad Avis, aveva il volto di un tenero adolescente.
«Gradirei prendere un po’ di fresco», annunciò la ragazza, lasciando le mani del compagno.
«Certamente.»
Avis fece un inchino e nuotò velocemente fuori dalla grande sala. Si mise seduta accanto ad un’enorme conchiglia. Lei non sopportava tutte quelle formalità e tutta quella finzione annidata dietro ai sorrisi delle persone lì presenti. Certo, All era bello, doveva ammetterlo, ma il suo modo di fare la mandava in bestia. Come avrebbe potuto sopportare una vita insieme a lui, se non lo poteva vedere per più di dieci minuti?
Ancora una volta, volse il suo sguardo verso l’alto. Lì sulla terraferma, sicuramente le persone vivevano una vita fantastica.
Nel momento in cui il Re Dalai le porse un piccolo pacco, la ragazza rimase perplessa. Sulla piccola etichetta apposta lì sopra, c’era scritto:
Per i tuoi diciotto anni. Abbine cura.
Con amore, tua madre.
Avis aprì il regalo e all’interno ci trovò una brillante collana con una gemma rossa. Entusiasta, la indossò. Erano anni ormai che sua madre era morta, ma il suo ricordo era vivo nel cuore della fanciulla.
«Bene, è giunta l’ora di annunciare ufficialmente il lieto evento. Avis, All, avvicinatevi a me», disse fiero il Re. I due ragazzi lo raggiunsero. Avis aveva un sorriso stampato sul volto che le costava molta fatica, mentre il ragazzo era a suo agio.
«Con la gioia nel cuore, voglio rendere partecipe il mio popolo dell’evento più lieto degli ultimi anni. Tra una settimana, il principe prenderà in sposa la mia primogenita.»
La ragazza sgranò gli occhi e guardò suo padre. Nessuno le aveva detto che si sarebbe dovuta sposare così presto. L’uomo riprese a parlare: «Ho cresciuto le mie bambine con i giusti valori per essere ottime sovrane. Mia figlia saprà rendere questo regno onesto e felice.»
Un applauso d’entusiasmo pervase la stanza ed ogni presente invocò i nomi di Avis e di All, i prossimi sovrani. Il Re Dalai si avvicinò con il suo talismano magico.
«Finalmente puoi esprimere il tuo desiderio. Non appena lo scettro s’illuminerà, pronuncia a voce alta cosa desideri e si avvererà. Rammenta di dire che vuoi un regno grandioso e prospero.»
Il Re sorrise ed alzò il tridente. Avis indietreggiò: non voleva esprimere quel desiderio e non voleva neppure essere lì. Guardò la collana e prese la sua decisione. Nel momento in cui l’oggetto magico si accese, parlò: «Desidero vivere sulla terraferma! Desidero divenire un essere comune nel mondo dei demoni!»
Gli occhi dei presenti si spalancarono e suo padre urlò: «Avis! Cosa hai fatto?!»
Troppo tardi. Ormai la magica bolla la stava inglobando completamente ed il suo desiderio stava per essere esaudito.
«Mi dispiace, padre. Io non posso rinunciare alla mia vita per voi. Perdonatemi, mia sorella Brianne sarà certamente un’ottima sovrana!»
La sfera prese velocità, scomparendo tra le acque e lasciando i presenti impietriti.
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purtroppo non riesco a tradurre il tuo commento, se puoi scrivere in inglese o italiano, te ne sarei riconoscente, grazie!
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grazie mille, per il tuo commento positivo!